Training autogeno: cos'è, come si pratica e i benefici per la nostra salute
Cos'è il training autogeno e come si pratica questa tecnica di rilassamento profondo che fa bene sia alla mente che al corpo? Scopriamolo insieme
Cos'è il training autogeno e come si pratica questa tecnica di rilassamento profondo che fa bene sia alla mente che al corpo? Scopriamolo insieme
In tanti ne hanno sentito parlare, in pochi sanno esattamente di cosa si tratta. Parliamo del training autogeno o TA, una specifica tecnica di rilassamento terapeutico o di auto distensione passiva che si sviluppa attraverso una serie di visualizzazioni, allo scopo di rilassare sia la mente che il corpo in modo profondo.
Una tecnica ideata nel 1932 dal neurologo e psichiatra di origine berlinese Johannes Heinrich Schultz, esperto di ipnosi e psicoanalisi freudiana che per oltre vent’anni studiò e si dedicò alla creazione di questo particolare metodo. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta, come si esegue e con quali benefeci per l’intero organismo.
Come appena detto, quando si parla di training autogeno si fa riferimento a un specifica tecnica di rilassamento psicofisico che viene svolto con la guida di un terapeuta o in autonomia da chi ne ha bisogno (ma non solo) e che si basa su una serie di autosuggestioni, immagini ed esercizi antistress.
Questi esercizi vanno a interessare le varie parti del nostro corpo come l’apparato respiratorio, la muscolatura, il sistema cardiovascolare fino a quello neurovegetativo, lavorando, di fatto, su tutta una serie di sensazioni comuni come il calore, la calma, la freschezza, la leggerezza, ecc.
Una tecnica, che come accennato precedentemente, è stata ideata dal dott. Johannes Heinrich Schultz, nel tentativo di indurre i pazienti a uno stato di calma profonda che si avvicinasse a quello che si ottiene durante il sonno o nelle pratiche di ipnosi. Il risultato è, oltre a una regolazione dei diversi apparati corporei, anche una connessione tra corpo e mente e un relax diffuso a tutto l’organismo nella sua interezza, a 360°.
Scopo del training autogeno, quindi, è quello di ripristinare uno stato di equilibrio psicofisico nell’individuo, arrivando uno stato di benessere profondo e di armonia generalizzata, sia dentro che fuori.
I benefici che si possono ottenere da questo genere di pratica, infatti, sono davvero molti, sia a livello fisico che psicologico. Oltre a rilassare l’intero organismo, liberandolo da tensioni, stati di ansia, nervosismo e/o stress, il training autogeno permette a chi lo pratica di conoscere meglio se stessi, riuscendo anche ad affrontare problematiche personali che vanno a impattare sulla vita quotidiana.
Nello specifico, tra i maggiori benefici fisici riscontrabili dalla tecnica del training autogeno troviamo:
Ma anche verso patologie e disturbi come:
A livello psichico, poi, il training autogeno è particolarmente utile oltre che per raggiungere un pieno stato di rilassamento anche per:
Così come può essere molto utile nella cura di disturbi come:
Insomma, un concentrato di benessere concreto per tutto l’organismo, a ogni livello tangibile o intangibile.
Il tutto attraverso un pratica costante e mirata. Ma come si esegue esattamente una seduta di training autogeno? Come indica il nome stesso, questo non è altro che un allenamento che si esegue da sé, in autonomia o con la guida di un terapeuta specializzato. In ogni caso, però, è bene essere in una stanza silenziosa, calda e con poca luce e indossare abiti comodi e confortevoli.
Nel training autogeno si differenziano quattro fasi di approccio alla terapia:
Il tutto eseguibile in tre posizioni diverse:
L’importante è essere comodi, facilitando li rilassamento del corpo e della mente e la respirazione, che deve essere lenta e controllata, aspetto fondamentale per la pratica.
Ma vediamo a questo punto quali sono alcuni degli esercizi che si possono eseguire durante il training autogeno a seconda della fase di apprendimento scelta.
Il primo ciclo di training autogeno si sviluppa in una serie di sei esercizi che vanno a toccare altrettante sensazioni e funzioni corporee.
Obiettivo del primo esercizio è quello di distendere la muscolatura volontaria, rilassandola e andando a sciogliere eventuali tensioni che possono generare problemi come l’emicrania, il dolore alla cervicale o alle spalle. Per farlo è necessario focalizzare la propria attenzione su un arto, poi sull’altro per arrivare a sentire la sensazione di pesantezza su tutto il corpo in modo progressivo.
Nel secondo esercizio si sperimenta la sensazione di calore, immaginando che un braccio diventi molto caldo rispetto al resto del corpo per poi passare a tutte le altre parti come nell’esercizio precedente. Così facendo viene prodotta una vasodilatazione periferica, aumentando il flusso sanguigno, andando a sciogliere le tensioni più profonde e migliorando anche la circolazione sanguigna periferica.
Il terzo esercizio serve per regolare l’attività cardiaca, distribuendo una sensazione di calma in tutto il corpo e ripetendo mentalmente molte volte frasi come “il mio cuore batte in modo regolare”.
In questo quarto esercizio si deve ripetere a se stessi che il proprio respiro è tranquillo e calmo. Questo perché proprio il respiro sta alla base di molti disturbi come l’ansia o gli attacchi di panico. Diventarne consapevoli aiuta a gestirlo e risolvere questi disturbi.
Il quinto esercizio ha lo scopo di attivare la vasodilatazione nella zona addominale. Per farlo è necessario ripetere dentro di sé “il mio plesso solare è piacevolmente caldo”. Provando a sentire questa sensazione di calore nella zona del plesso solare che è situata al di sotto del diaframma, allo scopo così di aumentare il flusso sanguigno e calmare corpo e mente, aiutando ad aumentare le proprie energie e influendo positivamente sulla qualità del sonno.
L’ultimo esercizio, a differenza degli altri, punta alla vasocostrizione esclusivamente nella testa. Nello specifico ci si dovrà concentrare sulla sensazione di freschezza della parte, allo scopo di portare al miglioramento della concentrazione, della memoria e dell’attenzione.
Nel ciclo di training autogeno definito superiore, invece, si vanno a praticare degli esercizi che puntano a una maggior autocoscienza personale (quindi comunque profondamente legati ai primi sei), portando alla consapevolezza di ciò che sia ha dentro e di cui magari non se ne ha ancora coscienza.
In questo caso si parla di sette esperienze da “vivere” nella pratica, per cui è necessaria la presenza di un terapeuta e che può essere eseguita da chi ha una predisposizione alla meditazione e alle tecniche di visualizzazione. Le sette esperienze sono:
Una meditazione che richiede l’attitudine di attingere dalle proprie capacità intuitive e consapevolezza.
Una pratica che quindi è estremamente utile e intensa, volta a una maggior comprensione di sé e al miglioramento della propria vita sotto molteplici punti di vista e che vale la pena di essere approfondita. Ma attenzione alle controindicazioni.
Proprio per le sue caratteristiche il training autogeno è sconsigliato a chi soffre di patologie depressive o di ipocondria, ma anche in chi soffre di cardiopatie e alle donne in stato di gravidanza. In questo caso specifico la pratica non è sconsigliata del tutto ma è importante essere seguite da un terapeuta che modificherà alcuni esercizi, soprattutto quelli legati alla sensazione di pesantezza e calore che possono modificare la circolazione e a cui è bene prestare attenzione.
In tutti gli altri casi, invece, approcciarsi alla terapia del training autogeno può essere davvero una scelta di benessere per il proprio corpo e mente per migliorare se stessi e la propria vita, imparare a conoscersi e a prendersi cura di sé a livello profondo.
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