Vini d'Italia: il Barolo DOCG, il vino rosso amato dai Re

Il Barolo è un vino d’immagine, in cui sapientemente si fondono cultura, tradizione e un duro lavoro che ne fa un prodotto enologico di grande pregio.

Un vino d’alta qualità, con un indice d’elevatissimo gradimento in campo nazionale e internazionale, con una denominazione che oggi è la denominazione italiana di maggior prestigio: i due castelli che ne hanno visto la nascita, quello dei Marchesi di Barolo e quello del conte di Cavour, sono sedi di importanti enoteche.

Il Barolo si produce con uve di Nebbiolo e ancora oggi, al di fuori della zona d’origine del Barolo, nelle Langhe prende il nome di Nebbiolo d’Alba e di Langhe Nebbiolo. La zona di produzione comprende l’intero territorio dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba ed in parte il territorio dei comuni di Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo.

Il Barolo dev’essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno tre anni e conservato per almeno due anni in botti di rovere o di castagno. Il periodo di invecchiamento viene calcolato dal 1° gennaio dell’anno successivo alla vendemmia. Solo dopo lungo invecchiamento il Barolo raggiunge il caratteristico colore rosso granato con riflessi aranciati e se ne può degustare appieno la morbidezza e l’austerità che lo rendono uno dei più apprezzati vini al mondo. Il Barolo sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a cinque anni può portare come specificazione aggiuntiva la dizione “riserva”.

Caratteristiche organolettiche
Colore: rosso granato con riflessi arancione.
Odore: profumo caratteristico, etereo, gradevole, intenso.
Sapore: asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico.

Il Barolo a tavola
Il vino Barolo si sposa squisitamente con arrosti di carne rossa, brasati di carne, cacciagione, selvaggina, cibi tartufati, formaggi a pasta dura e formaggi stagionati. Si degusta a 20° circa di temperatura: si consiglia di stappare la bottiglia almeno due ore prima della mescita.

Un po’ di storia
Già nel Medioevo e nei secoli successivi il Barolo continuò a conquistarsi la fama di vino regale. Infatti i re e moltissimi nobili avevano la consuetudine di sfoggiare sulle proprie mense classiche bottiglie bordolesi e borgognone scure. Il Barolo era, dunque, vino delle mense nobili, conosciuto e apprezzatissimo nelle corti europee: definito “il re dei vini e il vino dei re”, grazie alle sue attitudini regali, è uno dei fiori all’occhiello dell’enologia italiana.

Il vino Barolo prende il nome dalla nobile famiglia Falletti, marchesi di Barolo, che ne iniziarono la produzione nei loro vigneti agli inizi del XIX secolo. Si racconta che un giorno la marchesa Falletti offrì al re Carlo Alberto 300 carrà di Barolo, perché il Re aveva espresso il desiderio di assaggiare quel “suo nuovo vino”. Un omaggio divenuto storico: le carrà erano, infatti, botti da trasporto su carro, della capacità di circa 600 litri.

Grandi estimatori del Barolo furono Luigi XIV, il re Carlo Alberto, i Marchesi di Saluzzo e quelli del Monferrato, Maria Cristina di Savoia, il conte Camillo Benso di Cavour, il quale addirittura si dedicò personalmente, nella tenuta di Grinzane, alla produzione del Barolo: il Barolo dei suoi vigneti poteva competere con i migliori vini francesi. L’invecchiamento del Barolo avveniva a Palazzo Barolo a Torino e non a Barolo.

Camillo Benso Conte di Cavour fece arrivare in zona un famoso enologo francese per “costruire” un vino secco, importante, “alla moda di Bordeaux”. Il risultato trovò un immediato riscontro presso Casa Savoia e presso le corti di tutta Europa.

Il Barolo venne riconosciuto al concorso di Vienna nel 1873 come vino tra i più prestigiosi dell’epoca con 7 medaglie d’oro. Nel 1934 nacque il Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco per la tutela di questi vini.

photo credit: kuspoletto via photopin cc
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