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Per la settimanale hit parade dei vini italiani DOCG ho scelto oggi per voi un degno competitor dei vini superiori delle altre regioni quali il Barolo, il Brolio, il Valpolicella, il Chianti, il Nebbiolo. Seguitemi in questo percorso enologico di conoscenza e apprezziamone insieme la raffinata qualità.
Zona di produzione e vitigni
Il Cesanese del Piglio DOCG si ottiene dai vigneti coltivati in una zona che comprende tutto il territorio comunale di Piglio, Serrone e parte del territorio di Acuto, Anagni e Paliano nel Lazio. Le peculiari caratteristiche di questo vino, per sapore e qualità, si devono proprio alla particolare natura di questi terreni collinari d’origine vulcanica, ricchi di argilla, potassio e magnesio e alla loro buona esposizione che favorisce un clima temperato. Vitigni d’eccezione Cesanese di Affile e/o Cesanese comune per il 90% minimo con il contributo di non più del 10% di vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione per la regione Lazio.
Caratteristiche organolettiche
Il Cesanese del Piglio DOCG è un vino rosso che può essere prodotto nella versione secco o asciutto e anche nelle tipologie abboccato, dolce, frizzante naturale e spumante. Si presenta con un colore colore rosso rubino molto carico con intensi riflessi violacei tendente al granato; profumo intenso, speziato con sentori di floreali di viola, amarena e marasca e fruttati di more, lamponi e altri frutti di bosco; un sapore secco, armonico, con retrogusto gradevolmente amarognolo. La tipologia Riserva è caratterizzata da sentori speziati, che ricordano i profumi dolci della vaniglia ma anche quelli più pungenti del pepe nero e della bacca di ginepro. La gradazione alcolica minima è di 12% Vol.
Cesanese del Piglio DOCG a tavola
Un vino elegante che si abbina ottimamente a primi piatti con sughi di carne e a secondi piatti di carni rosse,, formaggi di media stagionatura. Ideale con abbacchio al forno, fettuccine ciociare con rigaglie di pollo, pollame arrosto e in umido, carni rosse, zucchine, patate e verdure ripassate in padella. Buono anche associato a salumi stagionati, bucatini all’amatriciana, agnello alla cacciatora, pajata, fegatelli di maiale alla griglia, trippe in umido, pollame e coniglio arrosto.
Si consiglia di stapparlo per la decantatura due ore prima di servirlo ad una temperatura di 18-20°C circa in un calice ampio per vini rossi, per poterne apprezzare in pieno i profumi. Questo in particolare per le tipologie più evolute. Nella tipologia Riserva va servito a 16-18°C in calici ballon. Le tipologie più o meno dolci e lo spumante vanno serviti rispettivamente in coppe larghe o flute a 6-8°C e si accompagnano bene a dolci secchi. ciambelle e crostate di frutta.
NOTA
Il Cesanese del Piglio DOCG Riserva si distingue dal Cesanese del Piglio DOCG principalmente per il periodo di invecchiamento non inferiore ai 20 mesi complessivi, di cui almeno 6 di affinamento in bottiglia e un titolo alcolometrico volumico totale minimo di 14,00% vol.
Un po’ di storia
Le origini del Cesanese del Piglio, ricavato da un vitigno autoctono di antichissima tradizione, risalgono all’epoca romana. E la sua storia prosegue dal medioevo ai nostri giorni, bypassando anche le invasioni barbariche: un vino preferito dagli imperatori romani Nerone, Nerva e Traiano, prediletto da Federico II e dai papi che risiedevano ad Anagni, in particolare Innocenzo III e Bonifacio VIII. Varie le testimonianze scritte sulla viticoltura presente nel corso dei secoli in questa zona: presso l’Archivio di Stato di Anagni sono conservati alcuni atti notarili relativi alla compravendita di terreni coltivati a vite già all’epoca. Testimonianza importante, regolarmente scritta, sono gli Statuti della Terra del Piglio, emanati il 30 maggio 1479: diversi capitoli testimoniano la vite e il commercio del vino prodotto nella comunità di Piglio.
Risalgono al Seicento altre testimonianze dell’importanza della viticoltura nella zona del Piglio, tra le quali la citazione di Rutilio Scotti, un letterato locale che così declama la bontà del Cesanese: “ha una nobile potenzia non che ad eccitare la dormente Venere, ma di resuscitare la morte in ciaschedun uomo”. E al Settecento risale lo Statuto municipale di Affile, dove si minacciano “pene severissime a chiunque avesse avuto l’ardire di recare danno alle vigne, sia per mano d’uomo che per tramite di bestiami”. È del 1838 il Libro Mastro del 1838, un registro contabile delle entrate e delle uscite oggi nell’archivio dell’abbazia di Subiaco, nel quale è menzionato il vino Cesanese.
Proseguendo in epoca più recente, si arriva al 1942 e agli Annali della Facoltà di Agraria della Regia Università di Napoli; alle diverse riviste di settore pubblicate fra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso; al 1958 e alla I Mostra campionaria di vini, nel corso della quale il professor Bruni del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali parla di questo vino come dei “vini neri, che dovrebbero essere incrementati, il vitigno fondamentale dovrebbe essere il Cesanese”.
Le tappe più importanti nella storia del Cesanese del Piglio sono il riconoscimento della denominazione di origine controllata del 1973 e, infine, la DOCG dell’agosto 2008.
Curiosità
Nel 1981, il Cesanese del Piglio è uno dei protagonisti nel film “Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli nel quale Alberto Sordi nel personaggio di Gasperino il carbonaro si attacca alla botte di Cesanese del Marchese.
Nel 2006 è stata istituita la Strada del Vino Cesanese, un suggestivo itinerario territoriale dedicato ai temi della vite e del vino che si snoda fra le province di Roma e di Frosinone.
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