Borse metallizzate: la nuova tendenza per l’inverno 2023-2024
In questo articolo suggeriremo alcuni outfit fashion per l’inverno 2023-2024 che giocano sull’abbinamento perfetto tra abito invernale e borsa metallizzata.
Kaiser Karl è morto all'ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi, dove era ricoverato: tutto il mondo della moda e dell'arte lo piange.
Karl Lagerfeld è morto. Lunga vita al Kaiser della moda. Il cuore dello stilista tedesco, per 36 anni alla guida di Chanel, si è fermato stamani all’Ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi, dove era ricoverato da ieri. Con lui tramontano l’eleganza e l’aristocratico distacco dal mondo in nome del Bello.
Molte le speculazioni sulle cause della morte di Karl Lagerfeld. È stato un tumore al pancreas a causare il decesso dello stilista tedesco come rivelato da una fonte al Daily Mail “Non aveva parlato della sua malattia, ma ha combattuto molto coraggiosamente. Karl era molto orgoglioso della sua forma fisica e dello stile di vita sano che conduceva, quindi il cancro del pancreas è stato un enorme shock“.
Lo piange Parigi, dove ha sede la Maison fondata da Mademoiselle Coco, e lo piange Roma, dove era al timone di Fendi, ma lo piange l’intero fashion system, da New York a Pechino, da Los Angeles fino a Tokyo. Cosa accadrà, ora il 5 marzo, quando alle 10.30 avrebbe dovuto sfilare la nuova collezione Autunno-Inverno 2019/2020 di Chanel alla Paris Fashion Week? Al momento, l’unica certezza, arrivata con l’annuncio della Maison, è che sarà Virginie Viard, suo braccio destro per quasi 30 anni, a “garantire la creazione delle collezioni per continuare a far vivere il patrimonio Gabrielle Chanel e di Karl Lagerfeld“.
Non molto si sa di lui, a partire dall’età, anche se fonti ufficiali, che lui ha spesso smentito, dicono 85. Qualcosa del suo passato familiare: il poco presente padre Otto, ricco titolare di un’azienda americana nella Germania d’anteguerra, la molto presente e amata e severa madre Elizabeth. Pochissimo della sua vita sentimentale, perché c’è un ambito intimo che ha sempre protetto. Persino per quella che è stata forse la persona più importante della sua vita – Jacques de Bascher, morto nel 1989 – Karl fece costruire un appartamento separato dalla villa di Montecarlo. Sola a dividere i suoi spazi privati, e solo in questi ultimi anni, la gatta Choupette.
Nato ad Amburgo nel settembre del 1938 (o del ’35 o del ’33 a seconda delle biografie), da una famiglia alto-borghese, dopo un’infanzia privilegiata, si trasferisce a Parigi per dedicarsi alla moda nel 1952.
A soli 17 anni diviene assistente di Pierre Balmain, per cui lavora tre anni, fin quando diviene direttore artistico di Jean Patou.
Nel 1954 condivide con Yves Saint Laurent (anche lui minorenne) il primo premio del concorso indetto dal Segretariato Internazionale della Lana.
Dagli anni Sessanta, disegna abiti, tessuti, accessori e scarpe come stilista indipendente, divenendo in poco tempo una figura di spicco del prêt-à-porter, che – scommetteva l’allora giovane stilista – avrebbe preso il posto dell’alta moda.
È l’epoca delle grandi collaborazioni, quella con Chloé, nel 1963, quella con le sorelle Fendi, iniziata nel 1965, fino a Chanel.
Il brand che porta il suo nome, Lagerfeld Gallery, nel 1998, si trasforma nel semplice Karl Lagerfeld nel 2012, etichetta di lusso accessibile e diffuso online. Nel novembre di quell’anno, viene eletto lo stilista più influente degli ultimi 25 anni.
In molti, con una buona dose di malignità si chiedevano se quel dandy con il ventaglio sarebbe riuscito ad aggiornare al gusto moderno quella leggenda della moda ormai decisamente âgé.
E che il calice fosse amaro, è lo stesso Lagerfeld a sottolinearlo: “La gente tende a dimenticare che a un certo punto Chanel era morto e sepolto. Lo portavano solo le mogli dei medici del XVI arrondissement. Non lo voleva più nessuno, era un caso disperato“.
È il 25 gennaio 1983; gli ospiti accorsi a rue Cambon, a Parigi, assistono alla prima sfilata Haute Couture del designer teutonico: “moderna e sexy chic, non sexy alla Las Vegas ma con proporzioni nuove, più allungate e sottili. Anche se Mademoiselle non ha fatto mai cose del genere, è molto Chanel, non è vero?“, ebbe a dire descrivendo quella prima collezione.
Il benestante cittadino d’Amburgo è incredibilmente simile a Coco Chanel, la donna di modestissime origini che si è costruita da sola: dalla tragedia privata celata dietro una facciata da Re Sole (anche il grande amore di Lagerfeld è morto precocemente come Boy Capel) e l’enorme smania per il lavoro fino alla facilità geniale con cui elabora gli influssi dell’ambiente nei propri modelli.
Il suo contributo alla Maison? Trattare tanto irrispettosamente l’eredità Chanel da farla rivivere conservandone la sua rilevanza nella moda.
Da allora il suo stile non è mai cambiato, fedele all’universo della fondatrice: sempre presente il tailleur, pur adattandolo all’era della minigonna malgrado l’avversione di Gabrielle Chanel per le ginocchia (“Se una donna può mostrare i gomiti, può mostrare anche le ginocchia“, dichiara lapidario), contrappunti costanti gli elementi classici del lessico Chanel, come la camelia, la doppia C, le catene, le perle, i bijoux fantasia e un ritorno alle linee lunghe e sciolte dello Chanel anni ’30, alle maglie fluide, al gusto per il tulle e per l’organza punteggiati di ricami e pizzo chantilly.
“Cerco di far evolvere lo stile di Chanel pensando alla frase di Goethe: ‘Costruire il futuro con i migliori elementi del passato‘”.
Nel 1996 dimostra con un abito tutto il lusso che sta dietro una creazione Chanel da sempre: fa rivivere l’abito in pizzo dorato e tulle. A Lesage (azienda di eccellenza nel ricamo fondata nel 1924 e acquisita da Chanel nel 2002) occorrono 1.280 ore di lavoro per riprodurre il pizzo a motivo indiano impreziosito da piccole pietre colorate.
Haute Couture, prêt-à-porter, cruise, métiers d’art: ognuna delle sei collezioni annuali ideate da Lagerfeld per la maison hanno modalità proprie, che nulla hanno a che fare l’una con le altre.
“La couture non ha niente a che vedere con il prêt-à-porter. Non dovrebbe avere niente a che vedere con il prêt-à-porter“, afferma in un’intervista nel 2015.
A determinare le differenze, non solo il virtuosismo della lavorazione, la raffinatezza dell’esecuzione, le centinaia di ore di ricamo, le proporzioni e la necessità di adeguarsi a una cerchia ristretta di clienti.
Instancabile creativo, ha scritto indelebili pagine nella storia della moda con alcune delle sfilate allestite al Grand Palais, dove ha ricostruito la facciata del 31 a rue Cambon, per la prêt-à-porter Primavera-Estate 2009, un granaio alto nove metri, covoni di fieno e ghirlande di fiori per la prêt-à-porter Primavera-Estate 2010, un gigantesco leone dorato, omaggio al segno zodiacale di Mademoiselle, per la Haute Couture Autunno-Inverno 2010-2011, un monumentale giardino alla francese che accoglie la prêt-à-porter Primavera-Estate 2011 ispirata alla Delphine Seyrig de L’anno scorso a Marienbad, di Alain Resnais, un casino per la Haute Couture Autunno-Inverno 2015-2016, fino alla sontuosa villa italiana della Haute Couture Primavera-Estate 2019.
“Non analizzo quello che faccio. Lo faccio e basta. Propongo. La mia vita è una vita di proposte. E comunque, di tutte le mie collezioni quella che conta di più è sempre la prossima“.
In principio fu Inès de La Fressange, che aveva già dal 1980 un contratto esclusivo per la casa di moda. Il sodalizio con Kaiser Karl si interrompe nel 1989, molto probabilmente a causa della decisione della modella di prestare la sua immagine per la rappresentazione della Marianne, personificazione della Repubblica francese. A tal proposito Lagerfeld dichiara che la Marianne è simbolo di provincialismo e che lui non intende vestire dei monumenti.
Linda Evangelista inizia a sfilare per lui nel 1986 ed è ancora sulla sua passerella nella celebre collezione prêt-à-porter Primavera-Estate 2005, quando in omaggio al legame tra le dive del cinema e la maison, Lagerfeld ricrea la scenografia realizzata da Baz Luhrmann per la pubblicità del profumo N.5, interpretata da Nicole Kidman.
Lagerfeld fino a non molto tempo pesava 40 chili in più rispetto agli ultimi anni. Il suo peso è mutato grazie alla dieta fatta all’inizio degli anni 2000 creata appositamente per lui da Jean-Claude Houdreta. La dieta è durata 12 mesi ed è descritta nel libro The Karl Lagerfeld Diet.
“Il 1 novembre 2000, ho deciso che non ero più contento del mio fisico. Fino ad allora, ero andato d’accordo con il mio eccesso di peso e non avevo problemi di salute (o – cosa che sarebbe peggio – problemi emotivi), ma improvvisamente volevo indossare abiti disegnati da Hedi Slimane, che lavorava per Saint Laurent e ora crea le collezioni Dior Homme. Ma queste mode, modellate da ragazzi molto magri, mi impongono di perdere almeno sei delle mie sedici pietre“, ebbe a dire.
La dieta consiste nel consumare massimo 1000 calorie al giorno e vieta il consumo delle sigarette (a proposito di esse, lo stilista decise di non fumarne perché quando era piccolo la madre gli disse che aveva delle brutte mani e perciò era meglio non esporle).
La dieta Lagerfeld si basa su un programma a basso contenuto di grassi e ipocalorico che consente di perdere grasso ma mantenere la massa muscolare, mantenendo il metabolismo alto e rendendo il corpo più efficace a bruciare calorie.
Crea costumi per la danza e per l’opera; tre i lavori con Luca Ronconi: Troiani, con le scene di Ezio Frigerio, alla Scala di Milano nel 1982, I racconti di Hoffmann, al Teatro Comunale di Firenze nel 1980, Al Pappagallo Verde e La contessina Mizzi, al Teatro Duse di Genova nel 1978.
Ultimi, nel 2018, i costumi per il passo a due sulle note del Bolero nel balletto Decadance di Ohad Naharin: “Il Bolero di Ravel è sempre stato uno dei miei brani musicali preferiti in assoluto. Fu il mio primo disco di musica classica che acquistai all’età di 16 anni”.
Al cinema, si presta per molti film: a Claude Chabrol, per i costumi de Les Noces Rouges, Folies Bourgeoises.
È autore di numerosi libri di fotografia.
Gli sono stati dedicati finora tre documentari, Lagerfeld Confidential, di Rodolphe Marconi, del 2007, Un roi seul, di Thierry Demaiziére e Alban Teurlai, Karl Lagerfeld se dessine, nel 2013, di Loïc Prigent.
È con profonda tristezza che la Maison Chanel annuncia la morte di Karl Lagerfeld, direttore artistico della Maison Chanel dal 1983.
Personalità creativa eccezionale, Karl Lagerfeld ha reinventato con il suo contributo i codici della griffe creata da Gabrielle Chanel: la giacca e il tailleur Chanel, il tubino nero, i preziosi tweed, le scarpe bicolori, le borse trapuntate, le perle e la bigiotteria.
Ha detto di Gabrielle Chanel: “Il mio lavoro non è non fare ciò che ha fatto, ma ciò che avrebbe potuto fare. Chanel è un’idea, per questo possiamo reinterpretarla infinitamente“.
Qui le frasi più famose di Karl Lagerfeld.
Uomo di spirito erudito e illuminato, libero nella sua creazione come nella sua espressione, Karl Lagerfeld ha esplorato molti orizzonti artistici, tra cui la fotografia e i cortometraggi.
La Maison Chanel ha beneficiato del suo talento per tutte le campagne sin dal 1987. Infine, non possiamo parlare di Karl Lagerfeld senza
menziona il suo innato senso di ironia e di autoironia.
Per Alain Wertheirmer, CEO di Chanel, “Grazie al suo genio artistico alla sua generosità e alla sua eccezionale intuizione, Karl Lagerfeld era largamente in anticipo sui tempi e ha saputo contribuire all’influenza di Chanel. Oggi non ho perso solo un amico ma abbiamo perso tutti una straordinaria mente creativa a cui ho dato carta bianca nei primi anni ’80 per reinventare il marchio“.
Bruno Pavlovsky, Presidente Fashion di Chanel, “Karl Lagerfeld ha scritto una pagina essenziale della leggenda di Gabrielle Chanel e della Maison, sfilata dopo sfilata, collezione dopo collezione. Attraverso le sue creazioni, ha costantemente sublimato l’eccezionale know-how degli atelier Chanel e dei Métiers d’Art. Il più grande tributo che possiamo restituirgli oggi è seguire il percorso che ha tracciato – cito – “continuare ad abbracciare il presente e inventare il futuro “”.
Virginie Viard, direttore di Chanel Fashion Creation Studio, la più stretta collaboratrice di Lagerfeld da oltre 30 anni, è stato dato incarico da Alain Wertheimer di garantire la creazione delle collezioni per continuare a far vivere il patrimonio Gabrielle Chanel e di Karl Lagerfeld.
La Maison presenta alla sua famiglia e a tutti i suoi parenti la sue più sincere condoglianze.
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