Céline Dion sulla malattia: "Devo imparare a conviverci"
La cantante è tornata a parlare della sindrome della persona rigida, malattia da cui è affetta da qualche anno: “Non ho sconfitto la malattia, perché è ancora dentro di me e lo sarà sempre”.
Si tratta di un'innovazione medica che consiste nel congelare il tumore al fine di sconfiggerlo, che comporta molteplici vantaggi e che potrebbe andare a sostituire chemioterapia e intervento chirurgico. Ma in quali casi? Perché non è ancora così conosciuta?
Quella della crioablazione dei tumori non è una novità assoluta, infatti, già nel secondo semestre dello scorso anno, si era ampiamente parlato di come ben sei pazienti oncologici avessero sconfitto i propri tumori grazie a questa tecnica presso l’ospedale Rizzoli di Bologna. Il Rizzoli è stato il primissimo centro italiano a utilizzare questa tecnica in campo oncologico e resta, ad oggi, uno dei pochi a praticarla sul territorio nazionale. Ma per quale motivo?
Il principale motivo per cui la tecnica di crioablazione dei tumori non è ancora ampiamente diffusa, nonostante gli innegabili vantaggi, consiste nel fatto che per poterla usare sono necessarie competenze e tecnologie avanzate che molte strutture ospedaliere italiane ancora non possiedono. Ed è un peccato, perché si tratta di un’innovazione importante e utile soprattutto in caso di tumore maligno, specialmente al rene o al seno, che non richiede né intervento né anestesia totale, deleteri per chi è già molto debole.
La crioablazione dei tumori, esattamente come la crioterapia in campo estetico, si pone l’obiettivo di “congelare” un qualcosa; in questo caso si tratta, appunto, del tumore.
Attraverso un ago e sotto controllo ecografico, si inietta nella massa tumorale la quantità di azoto liquido necessaria che, portata a una temperatura di -190°C, provoca la necrosi (ovvero la morte) del tumore stesso.
Normalmente questo tipo di intervento richiede un’anestesia locale o la sedazione del paziente e, al massimo, 2 o 3 giorni di degenza.
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